(riceviamo e pubblichiamo)
UN GREEN NEW DEAL ITALIANO di GRAMMENOS MASTROJENI
da http://changes.unipol.it/society/Pagine/brand-activism.aspx
Negli Usa si fa strada l’idea che un ambiente in salute distribuisca benefici economici. In questa prospettiva il nostro Paese sarebbe avvantaggiato dalla sua ricchezza paesaggistica, culturale e storica.
La politica americana è stata segnata per decenni da una certa monotonia di idee: in fondo, la monopolizzazione bipolare della dialettica fra democratici e repubblicani è stato solo un dibattito sul dosaggio delle componenti di socialità nella spesa pubblica. Ora una nuova prospettiva agita le acque, il “Green New Deal” con un’adesione sempre più trasversale ben oltre a un crescente numero di democratici e ambientalisti. Il Deal è basato su quella che pareva un’eresia nell’ottica del mercato classico. Questa affidava all’impresa il compito di massimizzare i profitti – tutta la società ne avrebbe beneficiato a cascata – e alla politica quello di correggere eventuali derive nocive del meccanismo di mercato, cercando però di interferire il meno possibile con l’efficienza del mercato stesso. Fra le “derive” che si affidavano alla cura della politica, figurava l’inevitabile impatto di produzione e consumo sulla natura.
Il Green New Deal – che non a caso si ispira al New Deal di Franklin Delano Roosevelt che portò gli Usa fuori dalla Grande Depressione – nega invece che ci sia un trade-off fra crescita e ambiente. Porta una nuova comprensione, peraltro sposata dalle Nazioni Unite che l’hanno tradotta in un piano di sviluppo globale adottato nel 2015 e noto come Agenda per lo sviluppo sostenibile 2030. In pratica, si basa sulla costatazione scientifica che un ambiente in salute distribuisce benefici economici – oltre agli ovvi vantaggi di qualità della vita – che conferiscono anche competitività, solidità e durata all’impresa. Si passa quindi, per la salvezza del pianeta, da una prospettiva di “decrescita felice” a quella di un felicissimo nuovo ciclo espansivo che la brown economy sembrava incapace di innescare.
In estrema sintesi, il trucco è che, grazie a una serie di automatismi di mercato, una produzione sostenibile redistribuisce meglio i profitti anche a vantaggio dei lavoratori, crea occupazione qualificata e quindi rilancia la domanda; ma non una domanda qualunque, bensì un consumo ove l’accento si sposta dalla quantità alla qualità e ai servizi, a tutto vantaggio dell’ecosistema e dell’economia. Questa nuova idea supera il timore che avevamo di un insanabile conflitto fra natura e sviluppo: visto che la produttività dell’ecosistema non è infinita – si pensava – ciò avrebbe imposto un freno al progresso. Scopriamo invece una risonanza positiva fra salute dell’ambiente e benessere umano, anche nella sua dimensione di ricchezza materiale. Ma non se si focalizza solo quest’ultima: farne un metro assoluto effettivamente ci porta a dire che i limiti della natura pongono dei limiti alla crescita economica. Se invece scegliamo e contabilizziamo come benessere l’insieme dei bisogni umani – non solo cose, ma anche pace, città sicure, salute, tempo per la famiglia – scopriamo che proteggendo la natura lei diventa un propulsore di crescita e non un freno e che, viceversa, una crescita che tutela l’essere umano nella totalità dei suoi bisogni diventa un alleato della natura invece di un suo nemico.
La ricchezza immateriale chiave per il benessere
L’idea di un ciclo costruttivo e risuonante fra benessere umano e del pianeta – ovvero l’ecologia integrale di Papa Francesco – comincia ad essere applicata dalla politica: nei grandi accordi internazionali, dalle Nazioni Unite, e via dicendo. Ma offre un’opportunità specifica e privilegiata all’Italia, date le sue caratteristiche territoriali. Si dice che l’Italia ha poche risorse naturali: forse sarebbe vero in prospettiva classica. Invece, nell’ottica di una domanda focalizzata sulla qualità più che sulla quantità, osservando mercati che valorizzano e remunerano sempre di più la ricchezza dell’esperienza fornita dal prodotto, risulta che abbiamo la più alta concentrazione mondiale delle risorse in assoluto più richieste dal mercato: bellezza e paesaggio, cultura, sapere e scienza, innovazione spontanea, imprenditorialità e molto altro. L’Italia si è fatta un po’ ingannare dall’economia globale e ha partecipato alla corsa della produzione ampia e ai più bassi prezzi possibili, negando però un territorio che è di fatto vocato alla produzione ristretta di qualità; e non solo per i beni di consumo. La scienza moderna ha scoperto che questa economia è più forte di quella tradizionale e una gestione sostenibile dell’economia è già stata scelta dalle nazioni più forti, come la Germania o i Paesi scandinavi. Loro già ci si arricchiscono – un territorio valorizzato fa bene a tutti – ma non hanno per natura le risorse migliori. Quelle ce le abbiamo noi, in Italia. L’Italia che racchiude il 50% del patrimonio storico artistico mondiale, la metà della biodiversità europea e una capacità imprenditoriale straordinaria. Se riusciamo a trasformarci in un paese che gestisce il suo territorio in armonia a 360 gradi, con efficienza solidale, diventiamo il modello globale per il futuro. E, quasi senza accorgercene, porremmo le premesse per risolvere altri problemi cronici: legalità, eguaglianza, debito pubblico, asimmetria Nord-Sud, piramide demografica.
Sembra un balzo in avanti ardito, ma è un fatto: economia sostenibile è quella che interpreta il territorio valorizzandone ogni potenziale, sospinta da una domanda che non remunera più la quantità uniforme ma la specialità di nicchia. Nessun territorio ha tanto di questo da offrire come quello italiano a tutte le sue latitudini e in tutte le sue competenze storiche: dall’artigiano allo scienziato. Senza contare che, toccando con mano i benefici di un territorio che genera ricchezza solo se è rispettato come bene comune, nasce la cultura solida della legalità. Quella per cui ognuno capisce che a evadere le tasse sottrae mezzi alla gestione della sua base di reddito, e magari si preoccupa di impedire che rifiuti tossici non avvelenino nessuna mozzarella, perché la sua eccellenza concorre all’immagine di mercato di tutti. Anche di chi fabbrica macchine utensili.
* Grammenos MastrojeniÈ un diplomatico italiano e coordinatore per l’eco-sostenibilità della Cooperazione allo Sviluppo. È stato delegato alle Nazioni Unite, console in Brasile, consigliere politico a Parigi e, alla Farnesina, responsabile dei rapporti con la stampa straniera e direttore del sito internet del Ministero degli Esteri. Da una ventina d’anni concentra la sua attenzione sui cambiamenti climatici. Nel 2009 la Ottawa University in Canada gli ha affidato il primo insegnamento attivato da un’università sulla questione ambiente, risorse, conflitti e risoluzione dei conflitti. Collabora da tempo con il Climate Reality Project, fondato dal premio Nobel per la pace Al Gore.
L’ OPINIONISTA QUALUNQUECosa scrivere in più ? Ci sono delle serie speranze, finalmente !!Sono d’accordo, assolutamente d’accordo con Grammenos, questa è l’unica idea di paese e di societa che può ricostruire il futuro per i nostri figli e sono convinto che, l’America del dopo Trump,avrà un nuovo presidente, frutto di una nuova classe dirigente, formata in questo nuovo humus politico prodotto dal “Green New Deal” , Humus che si vive nelle Grandi università del paese , vero motore dell’innovazione e della propulsione della società americana.E in Italia ?Come padre, partendo dalle cose negative, constato con enorme preoccupazione, la grande arretratezza dei nostri politici; non mi soffermo neanche su quelli che governano, non mi interessano e non mi rappresentano, ma analizzando i primi passi del nuovo PD di Zingaretti mi risulta evidente che è già un partito vecchio sin dai primi vagiti ; la prima uscita del suo leader sulla TAV, è stata drammatica, non tanto sul SI o sul NO all’opera, quanto per le motivazioni che ha palesato nell’esporre l’opinione del suo partito. Opinioni intrise di un vecchia retorica operaistica (qualcuno gli dovrà spiegare prima o poi che di operai non ce ne sono quasi più e in compenso ci sono milioni di nuovi poveri che la sinistra ha contribuito a produrre non riformando la propria idea di società )Articoli come questi, però ci permettono di capire che anche nel nostro paese sia fondamentale cavalcare questa nuova visione di mondo che si basa sull’equilibrio fra natura e uomo e conseguentemente fra uomo e uomo . Visione questa, che si è ravvivata, negli ultimi anni, grazie all’enciclica LAUDATE SI di papa Francesco ; 220 paginette che dovrebbero essere insegnate all’interno di tutte le scuole di ogni ordine e grado proprio perché sono le pagine più rivoluzionarie , più visionarie e più educative che sono state scritte in questo nuovo millennio; se penso poi al mio pragmatico agnosticismo di base, non vorrei trovarmi a percorrere la via di damasco del Paolo di Tarso evangelizzatore dei gentili .E nella politica italiana ? Anche qui ci sono dei segnali forti e positiviil primo è sicuramente la nascita di questo movimento trasversale ABC (Alleanza Bene Comune) proprio co-fondata dall’autore del nostro articolo, Grammenos Mastrojeni, movimento orizzontale, fuori da logiche partitiche, ma che vuole promuovere all’interno dei partiti stessi e di tutta la società la cultura della sostenibilità e dell’emergenza ambientale, fino al punto di diventare un vero e proprio controllore ed esaminatore di tutte le forze politiche e sociali sui temi della sostenibilità ambientale, realizzando vere e proprie graduatorie sulla qualità dell’azione socio-politica delle varie organizzazioni.Il secondo è la nascita di una nuova forza politica Italia in Comune, un vero e proprio partito che ha, nella propria carta dei valori costituenti, il concetto di Sostenibilità Ambientale Locale e Nazionale sposato al concetto di Sviluppo Economico Qualitativo , come motore della propria azione politica . Partito che non ha avuto tentennamenti a sviluppare un alleanza elettorale per le europee con quei verdi tedeschi , che reduci da importanti successi elettorali sono al governo nei più ricchi Land dello stato Federale e che stanno dimostrando a tutta europa che esiste una terza via allo Sviluppo Avido di un capitalismo finanziario autodistruttivo.Mentre scrivevo queste poche righe di commento all’articolo, è successo un mezzo miracolo, mi ha sfiorato l’idea di essere diventato fiducioso, aperto al futuro, ottimista ………che stia diventando un verde-credente ?L’OPINIONISTA QUALUNQUE